Domani si vota ed in questi ultimi giorni i toni della campagna elettorale si sono alzati, quasi sempre rasentando il ridicolo o il grottesco.

La vera politica ( Dal greco antico politikḗ (“che attiene alla pόlis“, la cittàstato), con sottinteso téchnē (“arte” o “tecnica“); per estensione: “arte che attiene alla città-stato) va scomparendo, i comizi e i confronti si sono ridotti ad un circo mediatico di post volti a ridicolizzare l’avversario, contenuti scarsi idee poche e confuse. Il cittadino vota per simpatia o perché crede alle promesse elettorali, mentre sarebbe utile analizzare altri fattori.

Capire, ad esempio, che non si va a votare per eleggere il presidente del consiglio sarebbe già un notevole passo avanti. (L’art.92 della Costituzione disciplina la formazione del Governo con una formula semplice e concisa: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri“.).

Non sarebbe nemmeno male cercare di comprendere come funziona la legge elettorale, che è piuttosto complessa, ma che ad una prima lettura forse può far intendere anche all’ elettore meno preparato quanti differenti fattori influenzano la creazione di un governo e che, di conseguenza,  l’andare a votare “tizio for president” è una mera illusione. Non siamo gli Stati Uniti.

L’Italia è un paese unico al mondo, pieno di pregi e difetti, ed il governo semplicemente ci rispecchia. Facile dire che i politici sono ladri, poi però se un parente o un amico ottiene un incarico,  si corre a chiedergli “il favore”. L’anelato posto fisso statale, grande ambizione dell’italiano medio, che sogna un ufficio ben riscaldato nel quale non far nulla per otto ore, prendere un dignitoso stipendio e sfruttare quante più ferie e quanta più mutua possibile.

Nel frattempo i lavori più umili e faticosi ci vengono “rubati” dagli immigrati, mentre i ventenni disoccupati stanno a casa a inveire contro i politici su Facebook,  tanto c’è  mamma che lava, stira e allunga la paghetta per andare al bar.

Chi invece a trent’anni fa impresa viene ucciso di tasse per mantenere una masnada di fannulloni. No non parlo di quelli seduti in parlamento, nemmeno degli “immigrati negli hotel”. Parlo dei finti invalidi, dei finti disoccupati, dei baby pensionati , dei principi della mutua e di chi per un dito rotto sta quattro mesi a casa in infortunio. Mentre noi piccoli imprenditori, si faccio parte anch’io di questa categoria di folli, andiamo a lavorare con la febbre a quaranta e la schiena rotta.

Allora non sarebbe forse il caso di rivedere il sistema? Ma non il sistema politico. Quello culturale. Partendo dall’ educazione dei figli, facendogli capire che non è fregando il prossimo o urlando più forte degli altri che si diventa una persona migliore. E poi un bell’ esame di coscienza per gli adulti.

Se pretendiamo un governo onesto e andiamo a votare sperando in qualcosa di migliore per il nostro futuro,chiediamoci : noi siamo brave persone? Facciamo qualcosa per migliorarci ? Abbiamo cura e compassione del prossimo? Siamo utili alla società?

Questa riflessione non cambierà certo il fatto che il panorama politico italiano è triste e con poche speranze, ma spero faccia almeno  pensare che una possibile rivoluzione culturale per il bene di tutto il paese possa partire da noi stessi.

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