Autore: Antonio Scurati

Editore: Bompiani

Genere: narrativa

Pagine: 665

Trama

“All’alba del 1925 il più giovane presidente del Consiglio d’Italia e del mondo, l’uomo che si è addossato la colpa dell’omicidio di Matteotti come se fosse un merito, giace riverso nel suo pulcioso appartamento-alcova. Benito Mussolini, il “figlio del secolo” che nel 1919, rovinosamente sconfitto alle elezioni, sedeva nell’ufficio del Popolo d’Italia pronto a fronteggiare i suoi nemici, adesso, vincitore su tutti i fronti, sembra in punto di morte a causa di un’ulcera che lo azzanna da dentro. Così si apre il secondo tempo della sciagurata epopea del fascismo narrato da Scurati con la costruzione e lo stile del romanzo. M. non è più raccontato da dentro perché diventa un’entità distante, “una crisalide del potere che si trasforma nella farfalla di una solitudine assoluta”. Attorno a lui gli antichi camerati si sbranano tra loro come una muta di cani. Il Duce invece diventa ipermetrope, vuole misurarsi solo con le cose lontane, con la grande Storia. A dirimere le beghe tra i gerarchi mette Augusto Turati, tragico nel suo tentativo di rettitudine; dimentica ogni riconoscenza verso Margherita Sarfatti; cerca di placare gli ardori della figlia Edda dandola in sposa a Galeazzo Ciano; affida a Badoglio e Graziani l’impresa africana, celebrata dalla retorica dell’immensità delle dune ma combattuta nella realtà come la più sporca delle guerre, fino all’orrore dei gas e dei campi di concentramento. Il cammino di M. Il figlio del secolo – caso letterario di assoluta originalità ma anche occasione di una inedita riaccensione dell’autocoscienza nazionale – prosegue qui in modo sorprendente, sollevando il velo dell’oblio su persone e fatti di capitale importanza e sperimentando un intreccio ancor più ardito tra narrazione e fonti dell’epoca. Fino al 1932, decennale della rivoluzione: quando M. fa innalzare l’impressionante, spettrale sacrario dei martiri fascisti, e più che onorare lutti passati sembra presagire ecatombi future.”

Recensione

Antonio Scurati ripercorre la vita di Mussolini,  dal 1925 al 1932, regalandoci uno spaccato crudo e reale degli anni in cui il Duce ha consolidato il suo potere.

Come per il primo volume: “M il figlio del secolo”, mi sono ritrovata a leggere un testo, che va oltre la storia comunemente insegnata tra i banchi di scuola. Per quanto possa sembrare paradossale, in Italia di Mussolini si sa poco o nulla. Più che altro aleggia una leggenda su questo dittatore controverso, che bonificava paludi e che ha fatto l’unico, tragico errore di allearsi con Hitler. Leggenda molto lontana dalla realtà.

Perché la verità su Mussolini è cruda, e colpisce tra le pagine di questo romanzo, come un pugno sullo stomaco. Così come, tra le righe, ci si rende tragicamente conto di quanto la cultura italiana sia ancora impregnata di retaggi fascisti. L’obiettivo di Mussolini era quello di creare un “impero” di grandi uomini senza cultura, e come fanno gli uomini a compiere gesta senza l’uso dell’intelletto, se non con la forza bruta? O influenzando le becere masse? “Mussolini è sinonimo d’Italia” e questo libro ci fa capire quanto poco sia cambiato, se non il fatto di non avere più al comando un uomo solo, un “Uomo della provvidenza”.

“L’era del terrore inizia con lo sberleffo, la battuta insolente, con la barzelletta”. Quanto è attuale questa frase? Quanto è italiana?

Uno dei punti più duri del racconto è stata la storia delle guerre coloniali, dei massacri compiuti con le armi chimiche e dei campi di concentramento in cui, noi, “italiani brava gente”, abbiamo rinchiuso per anni, le popolazioni autoctone delle nostre colonie. La figura di Omar al Mukhtar, leader della resistenza libica viene descritta in modo magistrale, e suscita una grande empatia  quest’uomo che, fino allo stremo, ha cercato di salvare il suo popolo dalle barbarie imperialiste.

Mentre il nostro esercito bruciava i libici con l’iprite, in Italia le beghe interne al partito fascista non facevano mancare gli scandali, così come i colpi di testa della figlia maggiore del Duce, quella Edda Mussolini, nata nella miseria e ora considerata una sorta di principessa del popolo. Il cui matrimonio con Galeazzo Ciano, sarà un inno alla cafonaggine: “Alcune scelte, in nome dell’abbondanza, richiamano immediatamente la fame atavica di popolani mai saliti oltre la malintesa idea di lusso del piccolo borghese”.

Il Duce rimane comunque al centro di una narrazione incalzante, che ho trovato addirittura migliore rispetto al primo volume, come se Scurati riuscisse a farci penetrare nella mente di un uomo che ha cambiato per sempre il corso della storia, la nostra storia.

Un romanzo da leggere per riflettere fino a star male, e per cercare di capire meglio la realtà che ci circonda.

Scurati è il mio scrittore preferito, quindi, non me ne vogliate, ma le serpi non ho il coraggio di metterle.

Chapeau.

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