Pur essendo una persona estremamente positiva, che rifugge dai loop di negatività. Dopo 35 anni di esperienza con vicini di casa assurdi, sono giunta ad una conclusione: ho il karma avverso con il vicinato.

Credo che per me l’unica soluzione sia andare a vivere in un eremo, circondato da un fossato con coccodrilli.

Fin da piccola i vicini di casa mi creavano angosce. Complice la mia suggestione infantile, la propensione dissacratoria e lo humor nero della mia famiglia.

Il primo personaggio di cui ho memoria è un signore anziano (che poi magari all’epoca aveva quarant’anni), che viveva in una casa fatiscente accanto alla nostra e che a detta dei miei nonni fabbricava ordigni. Più di una vota infatti, era capitato di sentire deflagrazioni sospette. Accompagnate da laconiche frasi dei miei famigliari , del tipo : “prima o poi ci farà saltare tutti per aria”. Psicosi unabomber e ansia.

Cambiammo casa, e la scelta ricadde su un villino in “Via Morteo 17”, davanti alle pompe funebri, e già i presupposti non erano dei migliori. Il proprietario delle pompe funebri, tornava ubriaco di notte e puntualmente si schiantava con la vespa contro il cancello, svegliando tutti. Dopodiché accendeva una sorta di sega da legna e “segava le assi per le bare”. Non so se fosse vero, ma l’effetto era da horror. Se lo incontravi sotto casa, ti guardava dalla testa ai piedi. Il nonno sosteneva che cosi facendo ti “prendesse le misure”. Dall’altro lato della villetta, abitavano due anziani, che litigavano in continuazione. Avevano un merlo indiano, che li imitava ripetendo gli improperi più coloriti. Quando la moglie morì, il merlo continuò ad imitarne la voce. Da brividi.

A Ivrea, dove abitavo con mia mamma, le cose non andavano certo meglio, anzi. Dal vicino balbuziente, con le manie di persecuzione, che ascoltava i canti di natale americani 365 giorni all’anno. Alla “maga Elena”, una signora di 150kg, sempre in pelliccia (anche d’estate), che viveva in un appartamento con le pareti interamente ricoperte di santini. Passava le giornate in penombra, facendo i tarocchi. La fauna condominiale era piuttosto varia.

Negli anni in quel palazzo si alternarono i personaggi più strani, i cui comportamenti venivano sempre amplificati dalla fervente fantasia familiare. “Il vampiro”: che abitò per mesi in un appartamento vuoto, senza accendere mai una luce, ma facendo docce in continuazione. Tanto che spesso allagava il cortile sottostante. “La mummia”: un anziana signora, che la figlia lasciava per ore seduta in macchina e che pareva sempre morta, salvo in alcuni momenti in cui si rianimava e puliva l’auto con un straccio che teneva sempre in mano, per poi soffiarsi il naso con lo stesso. Da notare che al piano terreno dello stabile, aveva sede l’associazione “mutilati e invalidi del 15/18”, dove, ovviamente, in dieci anni non vidi mai entrare nessuno.

Traslocammo in un nuovo palazzo, ultimo piano. Faceva anche ben sperare il fatto di essere sopra a tutti. Macché. Sul nostro pianerottolo c’era un monolocale, affittato a trasfertisti. Tra i vari personaggi assurdi ricordo “il bidello”, (non ho idea di che mestiere facesse in realtà), uomo laidissimo, ma pieno di amanti. Tra le quali, la figlia della “mummia” ,  quella che abitava nel vecchio palazzo. In quella casa fortunatamente non abitammo per molto, ci trasferimmo dopo pochi anni nell’appartamento dove mia mamma tutt’ora vive. Nel quartiere più elegante d’Ivrea.

Questa volta le premesse erano decisamente buone, ma nulla. Il karma imperversava. Non posso purtroppo dilungarmi, perché i personaggi sono tutti vivi e vegeti e in relazioni di buon vicinato con mamma.

Perciò apro il capitolo Torino. Vivo qui dal 2008 , ovviamente incorrendo in vicini di ogni genere. Per sei anni ho abitato in zona San Paolo, ultimo piano di una piccola palazzina. Al piano terra abitava un tastierista “invalido”, che suonava ai matrimoni e si esercitava tutto il giorno (ma ovviamente lui e tutta la sua famiglia, campavano con la pensione d’invalidità sua e del fratello), ad un certo punto conobbe una signora peruviana che si trasferì nel suo monolocale insieme ai cinque figli.Creando il caos più totale. Per non parlare della mia vicina di pianerottolo che mi apostrofava con: “tu signora” ,”pensavo che era”, “se avevo potuto ce li ammazzavo tutti sti schifi di piccioni”!.

Una sera suonarono alla porta. Anzi bussarono perché non avevamo il campanello. “Chi è? “, “Fallu!”, un senegalese di due metri per cento kili. “Buonasera signora, io senza chiavi, abita balcone a fianco. Scavalca. Ok?”. Ok. Rassicurante. Soprattutto vedere Fallu che scavalcava il balcone al quarto piano. Mi sentivo già in prima pagina su “La Stampa”.

Mi trasferisco in collina, zona vippissima. E qui nulla, raschiamo veramente il fondo del barile. Abitiamo in un comprensorio , immerso in un parco secolare. Diviso in molti alloggi. In una specie di tugurio umido al pian terreno vive “l’astrologo”. L’astrologo ha più di ottant’anni ed è un vecchio fulminato che vaga per il parco, blaterando al telefono o accompagnato da adepti, più disagiati di lui. Ha la mania di Saturno, qualsiasi cosa gli chiedano risponde che la colpa è dell’infausta influenza del malefico pianeta. Siano pene d’amore o piante di fagioli che non crescono. E’ anche convinto di essere irresistibile per il genere femminile, francamente non so da dove gli arrivi questa convinzione, e spesso se ne esce con commenti super sessisti sulle donne, suscitandomi una gran voglia di lanciargli in testa un’intera batteria di pentole.

Due anni fa avevamo gli “Isacessi”, una coppia assurda con una bambina orribile che avevano pensato bene di chiamare Isabella. Voglio dire, prima di dare un nome a tua figlia, fai una verifica obiettiva. Perciò ho ribattezzato la bambina Isacessa. Erano maleducati ad un livello oltre e mi hanno quasi portata al ricovero in neuro. Soprattutto la tata della bambina che alle otto del mattino vocalizzava sotto la mia finestra: “salagadula megicabula bibbi bobbidi-bu” in loop. Giuro, andava avanti per ore, alternando con “la macchina del capo ha un buco nella gomma”. Quando non c’era la tata ma i genitori, le cose non andavano meglio. Lei era isterica e urlava al marito : “Ti devi muovereeeee! Non lo vedi che tua figlia ha il cul# cag##to???!!!”. Lui apatico, in perenne stato vegetativo.

Traslocarono e al loro posto arrivò una famiglia di scombinati, con un altro bambino piccolo. Nevrotico, ovviamente. Per sopperire alla nevrosi dell’infante, la soluzione era tenerlo in terrazza con trenta gradi all’ombra e sparare cd di Raffaella Carrà a tutto volume, alternati con: “il coccodrillo come fa” e ovviamente: “la macchina del capo”.

Oggi si trasferiscono, non so se brindare o tremare al pensiero di chi arriverà al loro posto.

E il karma continua

 

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