Nelle mie letture d’aprile si è insinuato questo romanzo, un fuoriprogramma.

A parte i classici ( Piccole donne etc…), non avevo mai letto le altre opere della Alcott. Tempo fa vidi un post su Instagram, riguardo questo libro, ed è da allora che volevo leggerlo. Quando la settimana scorsa ne ho trovato una copia in un mercatino, non ho perso l’occasione.

Per principio non leggo mai l’introduzione di un romanzo, finchè non ho finito di leggerlo, in modo da non esserne influenzata. In questo caso ho fatto particolarmente bene, dato che l’introduzione è dissacrante, mentre il racconto mi è piaciuto moltissimo.

Ho trovato in Philip Tempest il perfetto narciso ed in Rosamond la vittima designata, l’avventura che vivono non banale ed il finale ad effetto.

La Alcott scrive benissimo, è quasi inutile dirlo.

L’introduzione di Silvano Ambrogi tuttavia mi ha portata a riflettere più del romanzo stesso.

Sostiene che con questo libro la Alcott centra pienamente le tre regole per un romanzo di successo: far piangere, far ridere, far aspettare. E che la narrazione sia piena di cliché, citati ad arte per raccogliere l’attenzione del pubblico. In pratica un’opera scritta per guadagnare.

Sono sempre combattuta tra lo scrivere cose che piacciono a me e cose che interessano in generale. Penso sia un dilemma di qualsiasi scrittore, specie quando vorresti fare della scrittura un mestiere.

Credo che la Alcott in questo sia d’ispirazione, perché nella sua prolifica carriera è riuscita a scrivere sia romanzi, diventati pietre miliari della letteratura, che racconti più frivoli e divertenti. D’altra parte se si è bravi scrittori si scrive bene sia un saggio di filosofia che il racconto di una scampagnata.

Un lungo, fatale inseguimento d’amore è assolutamente un libro che va letto. Che siano cliché o meno, gli insegnamenti del racconto sono validi :

  • Diffidare dagli uomini che si propongono come principi azzurri
  • Non pensare di poter mai cambiare un uomo, meno che mai di redimerlo
  • Essere padrone del proprio destino
  • Non essere dipendenti da nessuno

“Malgrado questo mio ardente desiderio, so che pagherei la felicità a caro prezzo se tornassi da lui, che una nuova doppiezza potrebbe ingannarmi, una nuova trama opprimermi e soprattutto, sento che l’influenza di quell’uomo è così forte e la sua natura così priva di scrupoli che finirei per non amare più le cose buone. La mia unica speranza è di riuscire a salvare la sua anima senza perdere la mia”.

 

 

2 commenti

  1. Io come poeta certamente faccio piangere, faccio attendere e faccio pure ridere, mio malgrado.
    Questo l’ho scritto perché mi sembra che dire di uno scrittore “fa piangere” è un po’ equivoco 🙂 . Tuttavia mi sembrano interessanti le riflessioni che hai fatto.
    Silvano Ambrogi è lo scrittore sceneggiatore ?

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