Penso che la saga delle sette sorelle stia vivendo una parabola decrescente. Già lo scorso romanzo: “La ragazza delle perle”, mi aveva delusa rispetto ai precedenti. Ma almeno aveva un’ambientazione interessante e delle storie d’amore che potevano avere un loro senso.

Questo capitolo della saga no. L’ambientazione è forzata e passa con disinvoltura dalla Highlands scozzesi, ai gitani che ballano il flamenco a Granada , un abbinamento che ho trovato davvero poco azzeccato. La protagonista, Tiggy, è un personaggio fiacco,  in balia degli eventi, che vive una storia d’amore che definirei insulsa.

C’è da dire che la storia di fondo regge. Il mistero delle sorelle adottate, questa figura paterna così sfuggente ( non si capisce se il padre adottivo sia morto o meno), l’ombra di personaggi oscuri che minacciano l’incolumità delle protagoniste…. Insomma la narrazione tiene. E non potrebbe essere altrimenti, perché al di là della mia opinione su questo episodio, Lucinda Riley scrive bene e i suoi libri si fanno leggere.

Consiglio comunque, per chi non avesse mai letto la saga, di iniziare dal primo libro, anche se ciascuna della storie è a sé. Se si legge “La ragazza della luna” per primo, si rischia seriamente di non appassionarsi.

Nei ringraziamenti finali, Lucinda Riley specifica che questo libro è stato scritto durante un anno difficile, in cui non è stata bene. E credo che questa sua condizione abbia influito, non poco, sulla buona riuscita della storia.

Sicuramente leggerò il prossimo, sperando in una ripresa.

 

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